Ossitocina e antagonismo oppioide migliorano parametri sociali

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 13 maggio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La nostra società scientifica segue con attenzione gli sviluppi della ricerca sugli effetti psichici dell’ossitocina, e spera di aver fornito un sia pur minimo contributo attraverso osservazioni critiche, spesso intransigenti, su interpretazioni, opinioni e prospettive in massima parte poi confutate dal vaglio sperimentale. È indubbio che le somministrazioni esogene di ossitocina (ad es., via spray nasale) nell’uomo, come nell’animale, sono in grado di influenzare il comportamento sociale e i criteri di scelta in vari tipi di decisione; tuttavia, gli esperimenti non mostrano costanza ed uniformità di risultati, per ragioni che non sono ancora del tutto chiare.

Negli ultimi dieci anni sono andati crescendo nel numero gli studi in cui si è impiegata l’ossitocina per migliorare la cognizione sociale, ma i risultati sono stati spesso contraddittori ed hanno finito per cancellare l’immagine di molecola in grado di promuovere in ogni circostanza aumento della fiducia e della propensione cooperativa o sessuale verso i membri della propria specie. Sono stati perciò cercati i fattori potenzialmente in grado di interferire con i processi neuropsichici mediati dall’azione del peptide. L’analisi ha evidenziato, come elemento in grado di far variare la risposta all’ossitocina, l’attività del sistema oppioide. Olga Dal Monte e colleghi hanno perciò sperimentato la somministrazione di ossitocina con la simultanea induzione di antagonismo oppioide durante esperienze diadiche di interazioni di sguardo. Si è rilevata un’accentuazione sopralineare dell’attenzione sociale selettiva e protratta per un partner, in condizioni di esperienza dal vivo, e l’incremento di sguardi interattivi dopo eventi sociali critici.

Gli autori forniscono anche evidenze neurogenetiche nel cervello umano a supporto dell’interazione fra specifici geni di recettori degli oppioidi e geni legati alla dinamica dell’ossitocina.

(Dal Monte O., et al. Oxytocin under opioid antagonism leads to supralinear enhancement of social attention. Proceedings of the National Academy of Sciences USA - Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1702725114, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, Department of Psychiatry, Interdepartmental Neuroscience Program, Yale University School of Medicine, New Haven, CT (USA); Department of Psychology, Yale University, New Haven, CT (USA); Department of Psychiatry, Massachusetts General Hospital, Boston (USA) .

A scopo introduttivo abbiamo estratto da una nota precedente un brano che contiene alcune nozioni di base sull’ossitocina:

“L’importanza dell’ossitocina come ormone neuroipofisario era stata compresa e prevista dalla comunità scientifica internazionale prima della sua scoperta, tanto che nel 1955, solo due anni dopo averla identificata, Vincent du Vigneaud ottenne il Premio Nobel per la Chimica. L’ossitocina è un nonapeptide a struttura ciclica che differisce dalla vasopressina, con la quale condivide la probabile origine da una duplicazione genica verificatasi nel corso dell’evoluzione, per due soli aminoacidi di questa sequenza: Cis-Tir-Ileu-Glu(NH2)-Asp(NH2)-Cis-Pro-Leu-Gli(NH2)[1]. In fisiologia le due molecole sono distinte sulla base delle azioni prodotte dopo il rilascio in circolo dalla neuroipofisi: l’ossitocina favorisce la fuoriuscita del latte dai dotti galattofori e la contrazione uterina, mentre la vasopressina determina la contrazione dei vasi e la ritenzione idrica renale[2].

Naturalmente, il ruolo studiato per le dirette conseguenze psichiche e comportamentali è quello di neurotrasmettitore peptidico. Anche se nella storia della ricerca sui neuromediatori sinaptici l’acetilcolina e le ammine biogene hanno preceduto e a lungo monopolizzato l’attenzione, la funzione dei neuropeptidi come primi messaggeri nella comunicazione intercellulare è filogeneticamente molto antica. Ad esempio, in celenterati come l’Hydra la neurotrasmissione è quasi esclusivamente affidata a neuropeptidi, mancando del tutto acetilcolina, catecolamine e serotonina. E fortemente peptidergica è la rete nervosa di altri animali a basso grado di evoluzione, quali coralli, meduse e anemoni di mare. Non appare perciò infondato supporre che una trama di connessioni mediate da peptidi possa aver avuto, nella storia evolutiva che ha portato ai mammiferi, il ruolo di una traccia funzionale elementare, una sorta di abbozzo o base comune sulla quale si sono differenziati i sistemi di trasmettitori più veloci, efficienti, specifici e puntualmente adattati alle esigenze dei generi e delle specie filogeneticamente più recenti[3].

Ricordare i caratteri dei peptidi che fungono da mediatori può contribuire ad allontanare l’idea, diffusa talvolta anche in ambito accademico, dell’ossitocina quale sostanza naturale che si può assumere per ottenere una modulazione della psicologia della persona in senso altruistico, empatico, socializzante, con aumento della fiducia in se stessi e riduzione di timore e diffidenza nei confronti degli altri. Anche se nei gruppi neuronici di alcune aree è difficile distinguere la componente paracrina da quella neurotrasmissiva, la maggior parte dei neuroni che accumula ossitocina nelle proprie vescicole, la adopera come un mediatore chimico i cui effetti dipendono largamente dai circuiti in cui è inserita, dalle sequenze di segnale, dallo stato delle reti che sviluppano il loro tono di base e le loro reazioni a stimoli, grazie agli oltre cinquanta neuromediatori noti e a tutti gli eventi di regolazione che intervengono nella fisiologia cerebrale”[4].

A proposito di quegli studi che hanno ispirato le etichette divulgative riferite alla sua presunta capacità di favorire la fiducia, la socialità, il bacio, l’amore, ecc., si riporta dallo stesso testo un altro brano che ci sembra efficacemente esplicativo:

“Tornando ai presunti ruoli psicologici del peptide, si può rilevare che la ragione dell’esito di tanti studi che sembravano provare la capacità del peptide di favorire i legami sociali e sessuali, accrescere la fiducia in se stessi e negli altri e promuovere l’altruismo, era senza dubbio in un difetto di impostazione[5]. Anche la possibilità di sfruttare la sua azione antagonista dei sistemi dello stress, attivati nei disturbi dello spettro dell’ansia e nel disturbo post-traumatico da stress (PTSD), sembra essere stata messa in discussione[6].

Senza addentrarci nell’analisi degli errori di metodo e di interpretazione dei risultati, qui ci limitiamo a riportare che studi più recenti – intesi a verificare gli esiti dei precedenti lavori e a mettere alla prova la possibilità che interrogando in modo diverso la “materia della mente” sull’ossitocina si potessero avere risultati diversi – hanno ben documentato che il peptide può aumentare l’aggressività, il pregiudizio nei confronti dell’altro e la tendenza a correre rischi. In altre parole, effetti sostanzialmente opposti a quelli più noti e divulgati negli ultimi venti anni.”[7].

Olga Dal Monte e colleghi, per fornire evidenze precliniche circa la possibilità di migliorare l’efficacia dell’ossitocina nel trattamento della disfunzione sociale, hanno verificato il beneficio della somministrazione simultanea del peptide e di un antagonista oppioide nelle scimmie, durante interazioni diadiche di sguardo.

L’ossitocina insieme con il naloxone, un antagonista dei recettori μ, evocava un aumento dell’attenzione sociale selettiva e prolungata, producendo un effetto superiore della somministrazione separata di solo naloxone o sola ossitocina. Questi effetti sono stati coerentemente osservati nella media di intere sessioni sperimentali, e anche come specifica conseguenza di eventi di particolare importanza sociale, incluso il reciproco contatto visivo e il reciproco ricevimento di ricompensa.

Inoltre, l’attenzione a varie regioni facciali era differenzialmente modulata in dipendenza del contesto sociale. Impiegando l’Allen Institute’s Transcriptional Atlas, i ricercatori hanno stabilito la co-localizzazione dei geni per i recettori oppioidi μ e κ e i geni dell’ossitocina ai siti di rilascio nel cervello umano.

L’insieme dei dati ottenuti nella scimmia e nell’uomo supportano l’esistenza di un rapporto di regolazione fra i sistemi neuronici oppioidi e l’ossitocina, e suggeriscono che la somministrazione del peptide in corso di antagonismo oppioide possa notevolmente accrescere l’efficacia terapeutica dell’ossitocina in tutte quelle condizioni che richiedono un miglioramento della cognizione sociale.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

Roberto Colonna

BM&L-13 maggio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Per una corretta rappresentazione chimica si deve aggiungere un ponte disolfuro fra i due residui di cisteina.

[2] La vasopressina è con ogni probabilità il primo neuropeptide ad essere stato identificato. La fonte principale di vasopressina è costituita dai neuroni magnocellulari dell’ipotalamo che inviano assoni alla neuroipofisi (Cfr. Mains R. E. & Eipper B. A., Peptides, in Brady Siegel Albers Price, Basic Neurochemistry, p. 390, 8th edition, 2012).

[3] L’ipotesi è stata dettagliatamente formulata in un quadro teorico sviluppato da Giuseppe Perrella, ma trova riscontro anche in numerose altre osservazioni di neurobiologia dell’evoluzione.

[4] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool. Si suggerisce la lettura integrale della nota che, oltre a contenere vari dati informativi interessanti, fornisce elementi per comprendere le ragioni della nostra posizione critica.

[5] Il disegno sperimentale, spesso concepito da ricercatori nel campo delle scienze psicologiche e sociali, non teneva conto della complessa realtà neurochimica e neurofisiologica su cui si esercita l’effetto di una singola sostanza assunta dall’esterno, ritenendo di poter ignorare il cervello come black box, saltando direttamente al comportamento ed attribuendo la variazione nei parametri misurabili a ciò che ritenevano l’unico elemento variante nel sistema.

[6] Nelle “Notule” di questa settimana (v.) sono discussi due studi, uno che sembra confermare una certa efficacia nel PTSD, l’altro che dimostra un’azione addirittura controproducente su persone che hanno subito un trauma psichico recente, perché accentua l’effetto evocativo di volti esprimenti emozioni.

[7] Note e Notizie 24-10-15 Ossitocina ed alcool.